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Arrabbiati con una rivista italiana per stereotipi sulla chirurgia in Corea del Sud: chi ha ragione?

Arrabbiati con una rivista italiana per stereotipi sulla chirurgia in Corea del Sud: chi ha ragione?

| On 19, Dic 2020

A novembre 2020 una nota rivista italiana ha pubblicato un articolo in cui parlava della Corea del Sud e di come sta influenza il mercato beauty globale, parlando dell’incredibile velocità delle mode e dei trend nel paese, ma anche della passione per il make-up e la cosmetica.

“Il motivo è anche sociologico: lo chiamano il miracolo del Fiume Han”, spiega Jayanne Jin, executive vice president business development Korea di Beautystreams, “Dalla fine della guerra di Corea nel 1953 a oggi siamo passati da un Pil pro capite di 40 dollari a uno di circa 30.000. Da paese poverissimo siamo diventati una nazione OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in soli 50 anni. La percentuale di disoccupazione è altissima. Siamo stati educati a essere molto competitivi, nello studio, sul lavoro. E noi donne a essere sempre perfette. La pressione sociale sui canoni di bellezza è schiacciante. Tra gli aneddoti più tradizionali c’è quello che le donne coreane, da sempre, devono alzarsi prima del marito il tempo necessario per truccarsi e sistemare i capelli, per evitare che lui possa vederla acqua e sapone.”

Quello che sembrava un normale articolo, però, ha attirato la rabbia di molti, tanto che è stato cancellato dal sito ufficiale perché additato di aver diffuso stereotipi negativi sulle donne coreane. Secondo i lettori, l’articolo dipinge la Corea come un “paese particolare”, “dove l’ossessione per l’apparenza e l’inesorabile ricerca della perfezione estetica (regolata da rigidi stereotipi) non sembra subire alcun contrattempo”. Viene citato anche l’aneddoto sulle donne coreane che si alzanto prima dei loro mariti in modo da non mostrare il volto senza trucco insieme alla foto di una donna asiatica subito dopo la chirurgia plastica.

La rabbia è lecita? Hanno ragione molti coreani ad essersi offesi dicendo “se non vivi in Corea del Sud certe cose non potete saperle”?

Partiamo da alcuni fatti: siamo sicuramente in un mondo dove l’apparenza ha la sua influenza e questo capita in Italia tanto quanto in Corea del Sud ma proviamo a porre alcune differenze sul modo di approcciarsi, su dati statici e su fatti documentati che possono aiutarci nell’analisi di questa spinosa questione.

In Corea del Sud alcune compagnie e agenzie obbligano i candidati a un posto di lavoro a inserire la foto nel CV (curriculum). In Italia l’obbligo non esiste, anche perché sarebbe considerato illegale, e molte aziende non lo considerano nemmeno necessario dato che non apporta nulla in più alle competenze espresse dal documento. Negli Stati Uniti, invece, non è illegale chiedere fotografie nelle domande per un lavoro, mentre le domande su altezza e peso possono essere considerate illegali se non pertinenti al lavoro.

Se nel 2017 il Presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in, ha parlato della volontà di bannare le foto dai CV perché “tranne in casi speciali in cui un lavoro richiede un certo livello di istruzione o soddisfa determinati requisiti fisici, i moduli di domanda di lavoro non dovrebbero richiedere fattori discriminatori come il background scolastico, la città natale e le condizioni fisiche” un motivo c’è: è evidente che il problema sia reale e molto diffuso in Corea del Sud.

È comune per i datori di lavoro coreani porre domande ai potenziali dipendenti, già nel modulo di domanda o nei colloqui, sulle professioni dei genitori, dettagli su altri membri della famiglia come i fratelli, caratteristiche fisiche come peso, altezza, gruppo sanguigno e vista, e se il richiedente vive o meno con la sua famiglia ecc. Domande molto personali che, è evidente, nulla hanno a che fare con competenze lavorative.

Uno dei requisiti più comuni è che i candidati forniscano foto: secondo un sondaggio, della Saramin del 2016, su 760 aziende circa il 93% delle aziende ha richiesto una foto per le domande di lavoro. Quasi il 34% dei 312 responsabili delle risorse umane intervistati ha affermato di aver assunto persone sulla base del loro aspetto anche se il loro background non era adatto al lavoro, mentre quasi il 50% ha affermato di aver rifiutato un candidato per il suo aspetto.

Altri dati che possiamo analizzare, sempre molto importanti per capire quanto e se la Corea del Sud sia davvero ‘ossessionata’ da determinati canoni di bellezza sono quelli che riguardano la chirurgia plastica.

Sebbene per numeri di interventi in assoluto, la Corea del Sud non sia ai primi posti, per analisi degli interventi pro capite lo è da molti anni. Sbagliare a osservare i dati porta a risultati fuorvianti: è ovvio che negli USA ci sono un maggior numero di interventi chirurgici, essendo una popolazione di oltre 300 milioni si persone, in confronto alla Corea del Sud che ne ha solo 51.

Con il più alto tasso di interventi di chirurgia estetica al mondo e quasi 1 milione di procedure all’anno, la Corea del Sud è spesso definita la capitale mondiale della chirurgia plastica. Gallup Korea ha scoperto che circa una donna sudcoreana su tre di età compresa tra i 19 ei 29 anni ha dichiarato di essere andata sotto i ferri.

Nel quartiere di Gangnam si stima che vi siano circa 500 centri estetici; nel 2014 vi sono state oltre 980.000 operazioni registrate, circa 20 interventi per 1.000 persone. Bisogna far presente, però, che anche molte persone straniere vengono in questi centri per farsi operare: la clinica JK Plastic Surgery a Gangnam con oltre 10.000 pazienti all’anno afferma che circa il 50% non sono coreani.

In Italia, 60 milioni di popolazione, nel 2019 gli interventi chirurgici sono stati circa 300.000. In Corea del Sud ci sono nel 2019 ben 2330 chirurghi, contro i 1500 italiani e i 6800 negli USA.

L’articolo in alcune parti può essere considerato poco oggettivo ma pone attenzione su un problema che esiste, anche se molti coreani possono avere una percezione diversa dello stesso. Vivere all’interno di una società, di un ambiente, non sempre fornisce tutte le informazioni su un argomento, ma ridurre il discorso a ‘solo i coreani possono parlare dell’argomento in quanto vivono in Corea del Sud’ è limitante perché certi dati li può leggere e analizzare qualsiasi persona in ogni parte del mondo.

La “storia” delle donne coreane che si svegliano prima dei mariti per truccarsi e farsi belle è particolarmente offensiva oltre che palesemente falsa, ma per il resto i dati ci fanno capire che la Corea del Sud è un paese molto ossessionato dalle apparenze e dagli standard di bellezza, come o forse un po’ di più, di altri paesi nel mondo.

16 cuori per questo articolo

Comments

  1. DIEGO

    Che io sappia anche in Italia le donne si alzano prima dei mariti per truccarsi, è una questione di genere, non di cultura. Anch’io se devo radermi la barba punto la sveglia 10 minuti prima, ma che idiozie son mai queste?!!

    Sulla questione lavorativa posso assicurarvi che l’immagine la guardano dappertutto, non solo in Corea ed è vero che la foto è un’informazione che può fare la differenza. Sul fatto che si tratti di discriminazione… beh dipende: il modo in cui un canddato cura la propria immagine (che comunque non lo evinci da una foto-tessera) in aggiunta alla storia professionale diventa automaticamente parte integrante nei processi di valutazione. Il selezionatore non è un dio sceso in terra, è una persona come tutti gli altri che sarà propenso a scegliere il candidato che si vende meglio, che usa tutte le armi che ha a disposizione per arrivare fino alla fine. E l’immagine è micidiale, altro che importante.

    E non è una questione di aspetto fisico, ma del tono che uno si sa dare. Una ragazza può essere non particolarmente attraente di natura ma se è una che ci tiene e che ci lavora sopra te ne accorgi e questo è un requisito oggettivo che influenza positivamente qualsiasi interlocutore (figuriamoci un datore di lavoro), per cui non si può parlare di discriminazione. Una persona che fa di tutto per avere un impatto visivo gradevole ha un punto in più PER MERITO, non perché è bella e basta.

    Per quanto riguarda la bellezza credo che l’ossessione per determinati canoni sia globale, non solamente coreana… ma davvero in Corea 2300 interventi, in USA 6800 e in Italia TRECENTO MILA?? O si tratta di un errore di battitura? =)

    • Che l’immagine venga guardata ovunque è vero ed è scritto nell’articolo, ma la situazione descritta in Corea del Sud va ben oltre il ‘l’immagine conta’, perché descrive una nazione dove l’immagine è la prima prova da superare.
      In Corea del Sud il 50% delle persone viene scaratata per l’immagine (La bellezza del viso), a prescindere dal contenuto del Curriculum.
      In Italia questi numeri non li abbiamo, se nella tua cerchia il 50% delle persone che conosci non è stato assunto per l’aspetto fisico (non stiamo parlando di come ci si veste, ma della faccia e della bellezza), è un caso limite perché in Italia succede di tutto, sicuramente non passi perché non hai la raccomandazione, ma raramente ho sentito di gente scaratata perché brutta (OVVIAMENTE non parliamo di modelle o di chi lavora con la faccia)

      Per il questito, invece, nessun errore di battitua: in Italia, 60 milioni di popolazione, nel 2019 gli interventi chirurgici sono stati circa 300.000. (NUMERO DI INTERVENTI)
      In Corea del Sud ci sono nel 2019 ben 2330 chirurghi, contro i 1500 chirurghi italiani e i 6800 negli USA chirurghi. (NUMERO DI CHIRURGHI)

      La Corea del Sud da vari anni non diffonde i dati del numero di interventi chirurgici. Negli USA nel 2019 ci sono stati 17,7 milioni di interventi chirurgici (per contestualizzare)

      • DIEGO

        No aspetta, io facevo un discorso più generale.

        Non è che una persona capace viene scartata perché non è particolarmente bella. L’esito di un colloquio dipende da mille fattori, dalla posizione ricercata, dal contesto in cui verrà inserita ecc. ma a parità di requisiti viene prediletta una bella presenza e quindi tutti gli aspetti che ho elencato sopra, anche perché la bellezza del viso è soggettiva: un candidato non particolarmente bello che si cura (abito, trucco, parrucco) ha più chance di uno bello che non lo fa. E comunque se uno non viene preso perché è brutto non glielo vanno certo a dire in faccia, quindi non so come faccia tu a dire che da noi questa cosa non succede. Ed è molto più grave e discriminante il discorso sulle raccomandazioni che quello sull’aspetto fisico.

        Se tu hai un’attività e devi assumere del personale quando valuterai i tuoi candidati prenderai in considerazione anche l’immagine, non puoi negarlo, ed andrai ad aggiungerti a quel 50% che scarta le persone per il proprio aspetto. A meno che tu non cerchi un ingegnere spaziale converrai che per profili più comuni (quelli che richiedono l’invio di un CV) l’aspetto è determinante: il rapporto con i clienti, le pubbliche relazioni ma anche il funzionamento interno: una bella presenza stimolerà i colleghi a prendere l’esempio perché tu per la tua azienda chiedi il meglio, anche da questo punto di vista. Spero che di essermi spiegato meglio.

        Per quanto riguarda i dati sugli interventi allora direi che l’ossessione gira anche dalle nostre parti… e non trovo troppo diverse tra loro le espressioni “l’immagine conta” e “l’immagine è la prima prova da superare”.

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