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Il prezzo della fama: sponsor e prestazioni sessuali in Corea del Sud

Il prezzo della fama: sponsor e prestazioni sessuali in Corea del Sud

| On 15, Mag 2016

Nel 2016, la Corea del Sud sembra essersi, di nuovo, improvvisamente svegliata da un sonno di indifferenza e menefreghismo, puntando i riflettori su un argomento in realtà noto a tutti: sponsor o per meglio dire, prostituzione nel mondo dell’intrattenimento.

Per sponsor intendiamo uomini ricchi e influenti, in alcuni casi si tratta anche di donne, che pagano ingenti somme di denaro, offrendo supporto e sostegno agli idol o attrici/attori in cambio di prestazioni sessuali. Questi rapporti, molto spesso, sono suggeriti e obbligati dalle agenzie o da soggetti definiti broker e sembrano essere diventata pratica fin troppo diffusa. Si stipula un contratto tra lo sponsor e la celebrità che, generalmente, riporta la quantità dell’attività da svolgere e il prezzo pattuito, senza precisare la tipologia di attività, in modo che lo sponsor abbia un documento scritto su cui appellarsi se l’altra parte dovesse venire meno alla sua parola.

Tutto ciò è diffuso in ogni parte del mondo nell’industria dell’intrattenimento con scandali che hanno toccato Bollywood, l’Africa, come testimoniato da Mel Bee, l’Italia e Hollywood dove la pratica del ‘Casting couch’, colloqui privati con attrice per avere parti in un film, è quasi comune. A denunciare ciò attrici come Megan Fox, Charlize Theron, Zhang Yu che ha ceduto a tali offerte, ma anche l’agente Alec Shankman che ha definito questo sfruttamento un ‘atteggiamento ributtante’ e, lo combatte avvertendo le giovani attrici, dando loro anche una lista dei produttori noti per organizzare appuntamenti privati a sfondo sessuale. La cantante Grimes, in un’intervista a Rolling Stone, ha confessato che, in moltissime situazioni, degli uomini le hanno detto: “Non finiremo di lavorare a meno che tu non venga nella mia stanza d’albergo”.

Vi è quindi differenza tra ciò che accade in Corea del Sud e il resto del mondo?
In generale no: nonostante la società coreana sembra rigettare ed essere quasi terrorizzata dalla parola ‘sesso’ detta ad alta voce, in realtà agisce come ogni qualsiasi altro paese al mondo, sviluppato o in via di sviluppo.
Che differenza c’è, allora, tra il fenomeno dello sponsorship nella società coreana?
La sistematicità e l’organizzazione.

La giornalista Kim Myo Sung ha rivelato, il 18 gennaio, informazioni scioccanti sul numero di sponsor che ha coinvolto moltissimi gruppi femminili: “Ho incontrato personalmente un uomo d’affari che ha ricevuto offerte di sponsorizzazione. Ha detto che gli è stato dato un elenco di celebrità femminili tra cui scegliere e comprendevano anche idol. Ho visto la lista e mi ha sconvolta”. L’elenco era formato da diversi nomi, posizionati per ‘livelli’ e i prezzi accanto. Kim Myo Sung ha anche parlato della “clausola di gestione della gravidanza” che fa parte dei contratti degli sponsor: “Quando una ragazza resta incinta, l’aborto viene effettuato fuori dal paese. Le spese per farlo sono incluse nel contratto”.

E’ stato creato un sistema di sfruttamento continuo e ripetuto di trainee, aspiranti attrici ed idol che utilizza i loro sogni e i loro corpi periodicamente. Vi è una lista da consultare, prezzi tra cui scegliere, volti da preferire, broker o intermediari che propongono la persona più adatta e un contratto a rendere ‘sicura’ ogni transazione. Mentre in occidente, l’incontro avviene essenzialmente tra l’attrice e il regista, la cantante e il produttore con lo scopo di avere un vantaggio diretto e immediato, in Corea si è creata una rete di contatti dove la ragazza o il ragazzo sfruttato è l’ultimo anello della catena e anche quello più debole.

Il programma ‘The Its Know’ ha riferito che gli incontri tra celebrità e sponsor sono garantiti almeno quattro volte al mese, anche oltreoceano. Per le star più conosciute, il prezzo varia tra i 400’000 e 500’000 euro per un contratto di sei mesi e incontri settimanali, circa 15000 euro a prestazione sessuale. In un altro programma, ‘PD Notebook’, è stata fatta un’intervista ad una ex-trianee che ha raccontato la sua esperienza diretta: “Quando frequentavo corsi di formazione vocale, la maestra mi ha chiesto che tipo di cantante volessi essere. Quando le ho detto che volevo essere un’idol, mi ha chiesto, ‘Puoi lavorare per uno sponsor?’ Ho risposto ‘No‘ e mi disse ‘Allora puoi rinunciare’“. La trainee ha confessato che le hanno offerto 4000 euro per due incontri mensili con un uomo e ha ammesso di essere stata inizialmente tentata di accettare.

In altre interviste della JTBC, un’altra trainee ha confessato di aver ricevuto offerte quando era ancora minorenne e che erano proprio le agenzie ad agire da mediatori con gli sponsor. Per una trainee si paga circa 200 euro a incontro, mentre per gli idol, il prezzo sale a 700-900 euro. “Uno sponsor deve prenotare almeno con un giorno di anticipo e solo quelli che sono già sulla lista dei clienti del broker possono ottenere un incontro”.

La pressione psicologica dei trainee in quella che è accettata come pratica comune, favorisce la sua diffusione e il gioco di potere che agisce a livello psicologico. E’ risaputo che accettare e legarsi a uno sponsor rende il tutto più semplice e la volontà di accettare sembra avere, troppo spesso, la meglio.

La pratica dello sponsor non è nulla di nuovo nel mondo dell’intrattenimento coreano, così come altrove. Nel 2009 l’attrice Jang Ja-yeon si è suicidata e ha lasciato una lettera dove condannava e nominava gli uomini che l’hanno obbligata a prostituirsi e le persone con cui era stata. Il suo agente, Kim Sung-hoon, la picchiava regolarmente e la costringeva ad avere rapporti sessuali con personaggi famosi, tra cui celebrità, dirigenti e amministratori delegati. Dopo Jang Ja Yeon, il governo ha iniziato a indagare e nel 2010, la Commissione nazionale per i diritti umani della Corea ha condotto un sondaggio su 111 attrici e 240 aspiranti attrici. Due terzi hanno affermato che gli è stato chiesto di avere rapporti sessuali con sponsor. Circa la metà ha riferito di aver avuto difficoltà dopo il rifiuto, mentre più della metà ha dichiarato di aver ottenuto aiuto accettando. Purtroppo, l’indagine è stata lasciata incompleta e dei venti uomini accusati da Jang Ja-yeon, solo due sono stati indagati e puniti.

L’indagine stabilisce che 6 attrici o aspiranti su 10 hanno ricevuto offerte sessuali e sono state pressate ad accettare da broker, intermediari, agenzie. Di questo numero solo la metà ha rifiutato, consapevole delle difficoltà che avrebbero affrontato. Coloro che hanno accettato non lo dicono apertamente, probabilmente per vergogna, preferendo invece il silenzio. Atteggiamento simile anche nei vari trainee intervistati: ognuno racconta in modo scientifico quando accaduto, quanto pagato e il funzionamento del sistema, ma nessuno prova a spiegare il motivo per cui abbia accettato o rifiutato, o i risvolti psicologici di quanto accaduto, nella consapevolezza, forse, che a nessuno importa ciò che accade loro. Importante è anche sottolineare come su 2000 persone contattate, solo 351 hanno risposto e partecipato attivamente.

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Nonostante i risvolti interessanti che la ricerca avrebbe potuto avere, le indagini della Commissione si sono improvvisamente fermate e tutto è tornato nell’oblio fino al 2016, quando il tema è di nuovo all’attenzione generale. Ciò dopo le testimonianze di idol come Viki, ex membro delle Dal Shabet, che ha ammesso di essere stata obbligata dalla sua agenzia a partecipare a un film per adulti: la compagnia le aveva mentito dicendo che fosse un famoso drama senza alcuna scena di nudità, una volta sul set il regista l’ha obbligata a girare una scena per adulti. Ha deciso di lasciare il gruppo e l’agenzia dopo questa brutta esperienza.

Jisoo delle Tahiti ha avviato un’azione legale nei confronti di un utente di Instagram che si è presentato come mediatore di un club. Ha iniziato a offrirle del denaro per invitare la cantante a lavorare per lui, proponendo fino a 3300 euro per farle incontrare uno sponsor. L’idol ha anche recentemente confessato che quella è stata solo una delle tante proposte imbarazzanti che riceve da molti broker e sponsor.

Anche G.Na, insieme a Lee Harin (che faceva parte del gruppo Sugar), l’aspirante celebrità Lee Min Ji e la modella che ha partecipato a concorsi di bellezza Choi Eun Young, sono state coinvolte a marzo in una serie di casi di prostituzione. Le quattro celebrità hanno incontrato varie volte un imprenditore a Los Angeles anche per 30’000 dollari. G.Na ha svelato, in un’intervista a Ilgan Sport, di essere stata raggirata dal broker, che credeva suo amico, a cui aveva chiesto un prestito e di cui si fidava ciecamente. Le era stato detto che un fan voleva incontrarla e lei ha accettato per fare un favore al broker. Solo a Los Angeles ha capito che il fan era in realtà uno sponsor che aveva pagato per incontrarla.

Non bisogna, però, fare l’errore di pensare che sia solo una pratica femminile. Il 19 aprile, sempre a ‘PD Notebook’, un ragazzo, ex-trainee, ha raccontato la sua passata esperienza con uno sponsor: “In un primo momento, mi inviava 70, 100, 200 dollari, poi ha deciso di inviarmi di più, 1000 dollari. Ero così sconvolto e così ho chiesto, ‘Posso davvero prenderli?’, e lei rispose, ‘Ehi, prendili. Li sto dando a te. So che hai molto da pagare’ “. Dopo qualche mese la donna ha iniziato a inviargli messaggi chiedendogli di farle compagnia, di stare con lei tutto il giorno, nonostante fosse sposata. Ha iniziato a ricevere pressioni dalla signora che gli aveva già dato in totale, quasi 20’000 euro. Non avendo soldi e lavoro, alla fine ha ceduto alle proposte.

Eppure, a distanza di qualche mese dallo scandalo di G.Na, così come la situazione ha infiammato gli animi, sembra di nuovo essere scomparsa nel nulla.
E’ stato creato un sistema di sfruttamento periodico e ripetitivo di minorenni, aspiranti idol e attori che subiscono le scelte di altri in una condizione di grande pressione psicologica. E’ quasi obbligo accettare, spesso consapevoli che quella è la loro unica possibilità e dire ‘No’ significa permettere ad altri di arrivare lì e debuttare al posto proprio. Qualcosa di assolutamente conosciuto e noto anche fuori dalla Corea, come spiega la cantante taiwanese Estrella Lin, ex membro del gruppo coreano 3EP Beauties, che ha pubblicato un libro proprio sull’argomento. Vendere il proprio corpo a uno sponsor è una regola non scritta dell’intrattenimento coreano e circa 1 donna (o uomo) su 5 cede a questo ricatto.

Il problema è particolarmente diffuso in Sud Corea e indagini sono state fatte nel 2009 e nel 2010, allora, come mai dopo sei anni nulla è cambiato? Anzi, sembra che il fenomeno si sia diffuso maggiormente.
Uno dei primi e principali problemi è a livello giudiziario e investigativo, sia nel caso di Jang Je-yeon che con Jisoo delle Tahiti, le indagini hanno portato a nulla di concreto: con l’attrice suicida, solo 2 persone su 20 sono state punite, mentre con Jisoo l’indagine non ha definito nessun condannato.

La consapevolezza che la propria testimonianza sarà solo una tra le tante, porta i pochi idol e trainee che parlano a voler nascondere le proprie identità e quasi nessuno a denuncia il sistema o ciò che accade. Anche la reputazione propria e della famiglia giocano un ruolo fondamentale nel silenzio sulla situazione: denunciare il problema vuol dire rendere pubblico quello che è accaduto e portare vergogna su se stessa e sul nome dei proprio genitori.

Per comprendere bene la mercificazione dei trainee e degli idol e il problema profondo dello sponsorship, bisogna analizzare anche la prostituzione. Nonostante la sua illegalità, il commercio del sesso è così grande in Corea del Sud che il governo una volta ha ammesso che rappresenta il 4 per cento del prodotto interno lordo annuale – circa quanto la somma del PIL delle industrie della pesca e dell’agricoltura. Il sesso a pagamento è disponibile ovunque in Corea del Sud: nei caffè, centri commerciali, parrucchieri, hotel, motel, così come nei quartieri a luci rosse. Il governo della Corea del Sud stima che circa 500.000 donne lavorano nell’industria del sesso, anche se il numero effettivo può superare 1 milione. Quindi, nell’ipotesi peggiore, circa 1 donna su 25 in Corea vende o ha venduto il suo corpo per il sesso. Secondo l’Istituto coreano di Criminologia, un quinto degli uomini durante i 20 anni compra sesso almeno quattro volte al mese.

“La maggior parte dei ricchi uomini d’affari a Seoul hanno più familiarità con la cultura del sesso che negli altri paesi. Sesso e potere sono strettamente legati a questa città”.

La prostituzione ha una lunga storia in Corea del Sud, che risale al periodo medievale, quando le “kisaeng”, donne di spettacolo molte istruite, sono state ufficialmente sanzionate dalla classe dirigente per eseguire tutti i tipi di servizi ai loro padroni, compreso il sesso. La prostituzione continuò in una forma o nell’altra nel corso dei secoli, anche durante l’occupazione giapponese della Corea, nella prima metà del ventesimo secolo, quando molte donne furono costrette a diventare prostitute militari. Park Chung-hee, che ha governato il paese per la maggior parte degli anni ’60 e ’70, in realtà ha incoraggiato il commercio del sesso con la creazione di distretti speciali per generare entrate, soprattutto a scapito dei migliaia di soldati statunitensi nel paese.

La pratica dello sponsor in Corea del Sud può essere definita prostituzione?
Se consideriamo la diffusione del fenomeno, molto più ampia rispetto ad altri paesi, e al fatto che molti trainee e celebrità iniziano a lavorare per ‘club’ e organizzazioni specifiche, l’identificazione è corretta. Da un punto di vista legale, però, non è così. La prostituzione è illegale ufficialmente dal 2004, la sponsorizzazione no. Le indagini spesso sono superficiali, incompiute e volutamente confuse, rendendo questa piaga sociale (entrambe, ma soprattutto la sponsorizzazione) quasi inattaccabile.

Nell’indagine del 2010, il 6% delle attrici e aspiranti attrici intervistate ha ammesso di essere state perfino violentata dagli sponsor a cui sono state presentate. Questo dato introduce un discorso ampio che comunque è, in parte, collegato a quanto detto fin’ora: situazioni del genere, accanto allo sponsorship, capitano fin troppo spesso nel mondo dello spettacolo e la parte attaccata è debole anche da un punto di vista giuridico e legislativo davanti a CEO e personaggi importanti della società.

Questo episodio è descritto anche nel drama ‘Dream High’ in cui Baek-Hee viene attaccata dal presidente della sua compagnia e salvata da Jin-gook. Nonostante il CEO fosse nel torto, è Jin-gook a essere denunciato e trattato come un criminale dall’opinione pubblica, mentre Baek-Hee sceglie il silenzio per evitare di avere problemi con la sua carriera da idol. Anche se gli insegnanti della scuola conoscono la situazione, non possono fare nulla per aiutare il ragazzo e fanno intendere alla ragazza che parlare, significherà solo rovinarsi la carriera. Anche se si parla di un semplice drama, riesce a dare un’idea sulla crudeltà di questa realtà dove chi viene sfruttato (sia con gli sponsor, sia con violenze sessuali) sceglie quasi sempre il silenzio e anche quando decide di denunciare, in realtà viene comunque sottomesso dal sistema corrotto.

Questo perché, quelli che possono permettersi di pagare per la compagnia di una celebrità, sono persone ricche e influenti che, con una sola chiamata, possono facilmente insabbiare tutto e chiudere le indagini, privando le ragazze o i ragazzi anche del loro sogno.

77 cuori per questo articolo

Comments

  1. masticone2000

    Il solito articolo ipocrita; per un potente che chiede ci sono dieci donne pronte a dare
    Pure cento donne,in un ambiente come il cinema
    Quando le donne con il sesso ottengono quello che vogliono va tutto bene (si fa ma non si dice), quando sono gli uomini la parte forte della trattativa, sono dei porci disgustosi

    Le donne sono responsabili delle molestie quanto e più degli uomini ma non si deve dire
    Chissà se la cantante Grimes non abbia ceduto a qualche compromesso quando era una perfetta sconosciuta, compromesso che le è servito per entrare nel giro che conta
    Poi una volta entrata e avuto un certo successo, il compromesso non era più necessario e magari si lamenta dei comportamenti maschili

    Sapessi quante ne ho viste in ufficio fare così…

    Ipocrisia

    • Mi spiace leggere queste parole perché sono prova del fatto che tu non abbia realmente letto questo articolo, non fino in fondo almeno: non si parla del #metoo ed è stato scritto ANNI PRIMA il movimento, non si parla di persone che vanno con registi o produttori per far carriera. Il topic dell’articolo è ‘sponsor e prestazioni sessuali in Corea del Sud’.
      Fermarsi solo alle prime battute di introduzione (circa a 300 parole, valutando quello che scrivi) e criticare su quelle è brutto nei confronti dell’autore che ha scritto 2500 parole sull’argomento.
      La situazione coreana descritta è cosa a sé dato che idol/attrici/donne sono spinte a prostituirsi dal loro capo prima, durante e dopo il debutto (I fatti che hanno coinvolto G.Na sono accaduti 6 anni dopo il debutto e il suo successo) INOLTRE i rapporti sessuali sono, per lo più, con uomini ricchi e imprenditori che sono (spesso e volentieri) questi FUORI dal mondo dell’intrattenimento.
      Quindi queste donne vengono spinte ai rapporti sessuali non solo per avere favori di produttori, ma soprattutto per far guadagnare e ricevere soldi all’agenzia/CEO.
      Altro punto descritto è che la prostituzione esiste ancora e non di donne straniere (come accade da noi) visto che sono SOPRATTUTTO coreane stesse a prostituirsi (1 donna coreana su 25 si è prostituita) e sono le stesse persone che accettano nel silenzio questo trattamento. Chi parla / chi non vuole viene cacciato fuori e allontanato dal sistema.
      Tutte queste cose tu non le hai citate proprio in questo tuo monologo, quindi il senso di venire qui a criticare un articolo facendo riferimento a un altro argomento… non lo capisco proprio. A prescindere dal condividere o meno il tuo pensiero, è assolutamente assurdo che tu venga qui a criticare PALESEMENTE il movimento #metoo in un articolo che parla proprio di altro, di un altro sistema, di altri problemi in un altro paese.
      Se vuoi commentare, resta sull’argomento donandoci tramite le tue parole dati certi da fonti certe, argomentazioni logiche ed esperienze concrete… perché dire che in ufficio hai visto tante fare ”così” non penso che sia, per una scienza chiamata STATISTICA, molto rilevante.

  2. FREEPEOPLE

    Che tristezza…

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