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Il sapore dolceamaro di 'Quando la vita ti dà mandarini' è un racconto speranzoso prezioso

Il sapore dolceamaro di ‘Quando la vita ti dà mandarini’ è un racconto speranzoso prezioso

| On 12, Giu 2025

‘Quando la vita ti dà mandarini’ o ‘When Life Gives You Tangerines’ è un piccolo capolavoro, intimista e dolceamaro, disponibile su Netflix che vi farà provare gioia, vi farà sentire amore, vi farà versare ettolitri di lacrime e vi lascerà, alla fine, prosciugati nell’anima.

Pronti? Forse no, ma ne vale la pena.

Partiamo dal titolo.
Il titolo originale coreano, Pokssak sogatsuda utilizza il dialetto di Jeju, dove sokda significa ‘sforzarsi molto’, quindi il titolo può essere tradotto come ‘grazie per il tuo duro lavoro’. Sokda è un falso amico linguistico della parola coreana standard per “essere ingannato”, “essere imbrogliato” o “essere imbrogliato”. Il titolo inglese When Life Gives You Tangerines è un gioco di parole sul proverbio “Quando la vita ti dà limoni, fai una limonata”, trasformato in mandarino in quanto è quello il frutto che cresce sull’isola di Jeju.

Passiamo al genere.
Non posso assicurarvi che sia la serie che faccia per voi, perché emotivamente è tosta e mediamente è lenta, l’unico modo per scoprirlo è dandogli una possibilità e cercando di arrivare almeno al quarto episodio (i primi sono l’inizio e solo dal 3/4 si inizia ad affezionarsi tantissimo).

Questa serie è devastante e profonda e lo è quando mostra la storia di una famiglia qualsiasi, con le sue difficoltà e il suo legame unico, ma anche il percorso di modernizzazione della Corea dal dopoguerra a oggi, nel mentre mette in evidenza l’incredibile e unica storia culturale dell’isola di Jeju (dall’essere una zona di campagna a quello che è successo dopo le Olimpiadi in Corea degli anni ’80, quando c’è stata una grande modernizzazione ma anche l’apertura all’esterno).

E’ difficile dare una definizione di questo drama in quanto non è solo una storia d’amore, né è semplicemente un drama storico. E’ molto più corretto definirlo un percorso, con una riflessione sul tempo, sull’amore e sul silenzioso lavoro di cura verso chi si ama che si estende per tutta la vita. Contestualmente è una storia profondamente coreana e un racconto che va a fondo nella cultura, nel passato e nell’essenza del popolo coreano, di nuovo, concentrandosi soprattutto su sll’isola di Jeju.

Il drama è anche uno spaccato della vita, slice of life, di una famiglia e attraversa diverse generazioni, un drama familiare su uno sfondo storico che ha un forte impatto sulla storia dei protagonisti.

In pratica non è nessun genere sopra riportato, ma è un po’ di tutto: è una serie dolorosa quando la vita lo è, piena di situazioni divertenti, immersa nella quotidianità, romantica per il suo amore infinito e misteriosa perché non sappiamo mai cosa la aspetta.

E dopo aver parlato del titolo e del genere mentre siamo ancora all’introduzione, possiamo iniziare a capire che:
1) c’è molto da dire su questo drama;
2) potenzialmente questo commento sarà lungo come la Divina Commedia, ma scritto MOOOOOLTO peggio per ovvie ragioni;
3) mi è piaciuto da morire.

Attenzione però: per quanto si pianga, non è una storia triste e non ti lascia disperato. Anzi, è una storia che ha tanta forza e speranza dentro di sé, è ricca di amore ed affetto.

Di cosa parla questo drama?
E’ un racconto di diverse generazioni che inizia negli anni ’50 a Jeju, che inizia con Ae-Sun, una ragazza ribelle e amante dei libri, ma non può andare a scuola a causa delle sue scarse origini familiari, esprime i suoi sentimenti liberamente, senza nascondere nulla e continua a sognare di diventare poetessa, e con Gwan-Sik, un giovane sincero e diligente che non parla molto ma che fin da piccolo ama tantissimo Ae-Sun, seguendola ovunque.

Piccole cose bellissime:
La storia unisce e mischia diverse linee temporali, spesso le segnano in basso con le date, in generale potete orientarvi con le acconciature dei capelli. Questo dona dinamismo al drama, così come ci sono quelle cose che non sai ancora come accadranno, cosa succederà, e ti fa venire voglia di andare avanti, di corsa, fino al finale.

La storia stessa è divisa in stagioni, spesso la protagonista parla delle stagione per descrivere il suo percorso.

“La loro primavera non era una stagione per alimentare i sogni, ma per infrangerli.”
I primi episodi, con la fanciullezza, sono la primavera, dove ci immergiamo, insieme alle haenyeo (donne sommozzatrici tipiche di Jeju che raccoglievano molluschi, alghe e altre forme di vita marina, rischiando la loro vita) e la comunità dell’sola, vediamo il rapporto tra madre e figlia (la madre che non vuole una vita di stenti per la sua amata prole), ed il racconto di una donna per liberare sé e la sua famiglia dalla povertà, oltre al primo amore, ardente, coinvolgente, puro ed anche un po’ pazzo.

“La pioggia può cadere a dirotto come se dovesse spazzare via tutto. Ma non appena il sole ricomincia a splendere, la vita risorge, qualunque cosa accada.”
Poi abbiamo l’estate (dall’episodio 5 circa), con le difficoltà nel sostenere la propria famiglia, dopo problemi con la famiglia di lui, un aiuto inaspettata dalla famiglia di lei (che, poi scopriamo averla sempre aiutato, nelle loto poche possibilità, perché lei si è meritata il loro aiuto impegnandosi tantissimo fin da piccola), e quella che sembra essere una piccola rinascita dopo tanti momenti bui. Questo capitolo, però, è anche teatro di una forte disgrazia familiare, che viene affrontata sempre tutti insieme.

“Anche una pioggia leggera può strappare una giovane foglia”
L’autunno inizia con un altro sacrificio dei genitori per il sostengo del sogno della loro figlia maggiore, sacrificio che diventa un peso sul cuore della figlia che si ripromette di non essere più fonte di ulteriore difficoltà per loro, e il momento di adattarsi di nuovo a un altro stile di vita per tutti.

“Pensavo che la vita andasse dalla primavera all’estate, all’autunno e poi all’inverno, ma mi sbagliavo. A volte sembra inverno, a volte primavera. Ho avuto miriadi di giorni primaverili. Ho avuto molti momenti scintillanti.”
L’inverno è ovviamente la parte finale, ricco di belle conclusioni, begli incontri, ma anche degli addii, come prevedibile.
E si conclude con questa frase detta dalla voce narrante: “Alle loro stagione, una volta così giovani ancora così tenere. Con rimorsi, gratitudine e un rispetto profondo.
Ecco tutto quello che avete vissuto.”

Cosa affronta il drama?
È molto più che una storia di campagna e delle lotte e/o dei sacrifici di qualcuno. Fa riflettere profondamente su come dovremmo impegnarci a essere (e non essere) vicini e familiari.

Parla, però, anche del difficile accesso all’istruzione, sui genitori che rinunciano a cose, sui figli che diventano il loro modo di raggiungere un successo, ma parla anche del reinventarsi, del trovare la propria strada, del non arrendersi, della perdita, del conforto, dell’esserci sempre l’uno per gli altri, del concetto di comunità (molto sentito nell’isola di Jeju).

Punti di forza:
Potrei entrare nel dettaglio, ma in fondo la bellezza è nell’insieme. In questo drama ogni pezzo fa parte di un gran bel puzzle.

La recitazione di tutti, dai protagonista ai bambini, alle comparse, è di un livello altissimo. I personaggi sono tutti ben caratterizzati in pochi e giusti momenti, con le loro azioni e non con inutili parole, e ti ci affezioni in quanto esseri fallibili, con difetti, con problemi e con le difficoltà di tutti i giorni e di tante famiglie.

La sceneggiatura è giusta e racconta con dolore, con dolcezza, con passione la storia di questa famiglia che purtroppo è comune a molte famiglie. Anche mia nonna ha perso un bambino quando lui era molto piccolo e purtroppo è un dolore comune a tantissime famiglie durante gli anni ’50 e ’60 in tutto il mondo ed è qualcosa che non superi mai davvero, un dolore che ti porti dentro per sempre. E’ una storia semplice e accessibile, infatti, ma davvero piena di umanità e compassione che ti colpisce al cuore in quanto sembra la storia di molte delle nostre famiglie, ha un carattere universale per quanto particolare sia la narrazione.

La regia è splendida, dalle inquadrature dell’isola di Jeju, delle case spartane lì presenti, fino alla città di Seoul con tutte le sue metamorfosi e quegli ambienti angusti e stretti.

L’ambientazione e i vestiti sono curati in modo maniacale, ci si perde tra i dettagli di ogni epoca, con scelte non casuali e adatte a ogni personaggio.

I dialoghi della sua serie sono naturali e tempestivi: c’è sempre una battuta ti colpisce come un pugno, lasciandoti un impatto profondo.

Punti di debolezza:
L’unica che mi sento di riportare è proprio lo stile della narrazione, che può non piacere nel suo essere lento e riflessivo.

Le persone che non l’hanno apprezzato generalmente affermano di aver amato la prima parte e odiato la seconda (quando la narrazione si sposta sui figli). Il motivo è chiaro: i figli possono essere fraintesi.

Ho letto alcuni commenti che li definivano ingrati, eppure, capisco perfettamente quella freddezza e quell’atteggiamento: la figlia maggiore viva col peso delle aspettative e con genitori amorevoli ma sempre pronti a sacrificarsi per lei. Può sembrare assurdo, ma genitori così fantastici possono farti vivere col senso di colpa di non essere mai abbastanza e di non meritarti tutti quei sacrifici. Non è una cosa semplice da gestire.
Il secondo genito, invece, ha un po’ subito le circostanze, con il suo compleanno che non poteva essere festeggiato in quanto vicino a una disgrazia, con la sorella maggiore così brava, perfetta e impossibile da raggiunge (e lui che veniva costantemente paragonato a lei), ma anche con un padre molto ingombrante, perfetto in ogni sua manifestazione (padre modello, marito modello, lavoratore incredibile, apprezzato e stimato in tutta la comunità nel suo essere rispettoso e preciso e bravo) che lo spinge a voler essere migliore, senza sapere come.

Mi sento di giustificarli e proteggerli, perché, ancora una volta, sono due personaggi ben descritti e che hanno le loro giustificazioni.

Conclusione:
Non posso che dire che ‘Quando la vita ti dà mandarini’ è da vedere, da vivere, da abbracciare nei suoi attimi di spensieratezza, tristezza, gioia e speranza. E’ un percorso che si fa con i protagonisti e che fa bene.

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