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Gli idol cinesi sostengono la “One China Policy” e sono contro le proteste di Hong Kong

Jackson dei GOT7, Victoria delle f(x), Lay degli EXO, Luhan, Lai Kuan Lin, Kyulkyung, The8 e Jun dei Seventeen, Yuqi delle (G)I-DLE sono solo alcuni degli idol cinesi che hanno mostrato pubblicamente sostegno alla Cina, opponendosi alle proteste in corso a Hong Kong.

Almeno otto pop star della Cina continentale hanno abbracciato la politica ‘One China Policy’ e, tra i sostenitori, abbiamo anche Jackson, originario di Hong Kong, e Lai Kuan-lin di Taiwan (altra regione autonoma che ha avuto scontri politici per l’indipendenza in precedenza). Sia Victoria che Yixing hanno mostrato il loro orgoglio per la nazione su Instagram, consapevoli che questo social network è oscurato in Cina e, quindi, sarebbe stato visibile solo dai fan internazionali, a voler ribadire, appunto, la loro posizione.

Nel caso di Hong Kong, un’ex colonia britannica restituita al controllo cinese nel 1997, Pechino mantiene una politica “un paese, due sistemi” in cui alla città sono garantite maggiori libertà rispetto a quelle sulla terraferma fino al 2047. Grazie a questo sistema, di fatto a Hong Kong non si seguono le leggi cinesi e questo ha fatto sviluppare in modo diverso dalla Cina la città, rendendola prospera e il centro di grandi commerci a livello internazionale. La protesta è sorta a giugno 2019 dopo l’inizio delle discussioni sulla legge sull’estradizione che, se approvato dal Parlamento locale, consentirebbe di processare nella Cina continentale le persone accusate di aver commesso alcuni crimini ( tra cui quelli politici).

Vi sono profonde differenza nei sistemi giuridici e penali dei paesi democratici – compresa Hong Kong – e quello cinese: in Cina è legale la detenzione senza processo (una vita in carcere in attesa di giudizio), l’uso delle torture fisiche e mentali per estorcere confessioni, spesso ai sospettati non viene permesso di vedere consulenti legali o avvocati, vi sono molti detenuti accusati con prove false (ad esempio l’artista Ai Weiwei). Per questo motivo e anche per evitare ingerenze della Cina a Hong Kong e mantenere la loro libertà come territorio autonomo, da undici weekend in media 50mila secondo gli organizzatori, 92mila secondo la questura, secondo un sondaggio del quotidiano locale, il South China Morning Post, il 60 per cento della popolazione, lotta e protesta per le strade. 

La situazione, tesa da giugno, in queste ultime settimane sta arrivando all’esasperazione e la folla a Hong Kong ha spesso attaccato oggetti, bandiera cinese, e polizia, ferendo e restando ferita a sua volta.

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